La Guerra dei Lati è un progetto che parte dal lontano 1990, quando il Circolo Culturale Punto Luce, propose alle associazioni cittadine l’idea di strutturare un evento rievocativo delle tradizioni ludiche preadolescenziali degli anni 50′ e 60′ basato sull’antico campanilismo tra i vari rioni del paese.
Citando Sergio Marraccini, presidente del circolo culturale Punto Luce “La Guerra dei Lati è l’unica guerra che valga la pena di essere combattuta, perchè fatta di giochi e gare di abilità, forza e intelligenza in un sano spirito di competizione ludica e campanilistica.“
I “lati” sono i rioni storici di Luco, Santa Maria, Campane, Borghetto, Casette…; negli anni di cui stiamo parlando era molto sentita l’appartenenza all’uno o all’altro “lato” e i ragazzi formavano gruppi affiatati e compatti. All’interno di essi emergeva (e quindi “commannèva”) chi dimostrava più abilità nei giochi e nelle gare; per esempio diventava un mito chi riusciva a colpire i passeri con la frezza. La “guerra” era quella che si combatteva tra i ragazzi dei vari “lati” per dimostrare la propria supremazia o per ricacciare nel suo “lato” chi aveva sconfinato magari per corteggiare una ragazza del lato avversario.
Successivamente il format della Guerra dei lati è stato utilizzato dal gruppo scout Agesci Luco dei Marsi 1, in due diverse occasioni, nel 1996 e nel 2005. La suddivisione in squadriglie ed il valore formativo del gioco insito nel metodo scout, hanno dato ottimi risultati; una sperimentazione che ha permesso alla GdL di dilagare nel tessuto sociale del paese.
Il 2006 è stato l’anno che ha visto la nascita della Guerra dei Lati come un vero progetto etnografico, grazie al Comitato delle Feste Patronali classe 1955:
In un contesto sociale sempre più normalizzato o, come si usa dire, “globalizzato”, che con la forza della persuasione mediatica “costringe” un ragazzo di Bolzano e uno di Canicattì a desiderare lo stesso identico giocattolo e convince una ragazza di Londra a tatuarsi lo stesso simbolo di una ragazza di Tokio o ad indossare lo stesso jeans con lo stesso strappo al ginocchio…, si avverte l’importanza della identità di una comunità, l’esigenza di non disperdere il ricco patrimonio delle nostre tradizioni, l’urgenza di fare memoria del passato e delle origini della nostra civiltà agro-pastorale e riproporla alle nuove generazioni che ormai, se ancora ne hanno cognizione, è solo per fugaci e sporadici accenni.
In un panorama mondiale di avvenimenti e di cronaca, che ogni giorno più intensamente porta nelle nostre case l’eterno conflitto tra il Bene e il Male, presentandoci scenari spesso sconvolgenti dove il dualismo Pace-Guerra si risolve con preoccupante frequenza a favore di quest’ultima…, si innesta il desiderio di esorcizzare la parola “guerra” e di addomesticarla a “competizione” di valori e capacità che si confrontano con uno spirito di sano antagonismo;
Nasce da queste premesse il desiderio di riportare in vita alcuni aspetti del nostro passato, apparentemente marginali, ma che si inseriscono a pieno titolo in un contesto sociale (quello dei nostri paesi nel primo dopoguerra), dove i valori fondanti di una società si respiravano e si assimilavano in ogni ambiente e in ogni attività, pur nella miseria e nelle ristrettezze che modellavano il tenore di vita di gran parte della popolazione.
Questi aspetti, marginali per una società colta e raffinata, ma autentici e concreti per quella realtà, erano quelli che riguardavano la vita dei ragazzi e delle ragazze di sessant’anni fa: i loro interessi, i loro divertimenti, i conflitti che caratterizzavano la gioventù, le lotte per conquistare importanza nel gruppo o per destare interesse in una ragazza.
Allo scopo di riappropriarci delle nostre tradizioni e far rivivere ai luchesi uno spaccato di vita di quegli anni, si è pensato di dar vita alla Guerra dei Lati.
Negli anni la GdL si è evoluta come conosciamo divettando un evento tanto sentito quanto imprescindibile per la comunità luchese. Molto dobbiamo a chi, già dal lontano 1990, aveva guardato oltre, immaginando come la competizione e la suddivisione rionale potessero far da volano alla cura ed al mantenimento delle tradizioni locali.